The Beez, le banane e la storia del nostro primo progetto

Recentemente leggendo un articolo su un blog di marketing sono stata illuminata da una frase: “…nella frenesia della corsa all’essere originali ci dimentichiamo del contenuto più originale di tutti, che è sempre sotto i nostri occhi: la nostra storia aziendale. Semplicemente ciò che siamo!”

Correva l’anno 2010, i mondiali in Sud Africa se li ricordano in pochi, di sicuro non come quelli del 2006; in ufficio eravamo giovani, pochi e spensierati. C’era chi rientrava dal viaggio di nozze ancora con l’adrenalina addosso di chi ha visitato luoghi sconosciuti, chi di ritorno da New York inebriava l’ufficio facendo risuonare “Empire State of Mind”, chi aveva appena iniziato la sua avventura in azienda cercando ancora di capire cosa facessimo, perché il nostro lavoro, ad oggi, c’è chi non sa nemmeno spiegarlo ai propri figli… noi pensiamo cose, a volte strane, e le facciamo fare da “altri”.

Era novembre e grazie ad una buona occasione commerciale della nostra “sorella” Maikii, abbiamo avuto l’opportunità di partecipare ad una gara per un’importante azienda che commercializza frutta in tutto il mondo; avevano bisogno di nuove idee e prodotti per supportare la loro nuova campagna marketing…e noi di idee ne abbiamo sempre avute tante. Dopo una call di presentazione (all’epoca le call non erano certo frequenti ed al livello di quelle di adesso), ricevemmo “IL BRIEF”. Un brief “impostato”, serio…importantissimo

Ci siamo buttati a capofitto con lo stesso spirito che mettevamo quando progettavamo le sorprese delle patatine, lavorando ad una lunga lista di idee bizzarre dove il cliente e il suo prodotto rimanevano sempre al centro. Le idee di un gruppo di folli creativi vennero messe nelle mani della nuova stagista grafica appena arrivata, la stessa che oggi è la nostra Art Director. A sua detta, per lei fu la prova del 9.

Confezionò un vero e proprio book di articoli che non esistevano ancora, ma che sembravano reali. Da lì hanno preso vita dei campioni sorprendenti, alcuni, a dire il vero un po’ azzardati, ma penso sia stato questo il punto in cui abbiamo capito quale sarebbe stata la nostra strada.

Spesso ci capita di riprendere in mano quel book e ridiamo rendendoci conto di quanto tecnicamente avremmo potuto fare di meglio.

Un lungo viaggio in treno ci ha portato a presentare le nostre idee e il nostro campionario con ingenua e folle freschezza fino a Ginevra.

Forse fu proprio grazie a quella sana incoscienza che, agli occhi del cliente, tutto fu un successo. Noi, invece, di quella esperienza ricordiamo gli avvenimenti più divertenti: il collega che dimentica il passaporto a casa, quello malaticcio che ha partecipato alla presentazione, la frutta esotica regalata ovunque durante il meeting…

Riguardandoci dopo tutti questi anni, quel progetto ha delineato il nostro processo creativo. Quello che ad oggi è un progetto sartoriale costruito “made to measure” sul cliente, cercando di creargli attorno un “abito” nuovo, innovativo, che lo veste e lo fa sentire speciale.
Dopo anni abbiamo acquisito la consapevolezza di chi progetta un aquilone a forma di banana preoccupandosi che sia in grado di volare, valutandone l’aspetto strutturale in modo più professionale rispetto al passato, quando, a testarne la stabilità erano due colleghi che lo facevano volteggiare in parcheggio.

Ne curiamo e controlliamo la qualità, ci occupiamo di valorizzarlo con un packaging adatto e ne curiamo l’aspetto logistico in tutti i particolari.

Tuttavia, oggi come allora, con più competenza, più consapevolezza, più cervelli a disposizione, ci sediamo ancora intorno allo stesso tavolo cercando lo straordinario nell’ordinario.


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